TESTI CRITICI
Luca Gilli, fotografie 2001-2005
Angelo Gioè
Curatore, già direttore dell'IIC di Beirut e Melbourn
A Juan Duarte
Le fotografie di Luca Gilli rivelano, sin dalla prima impressione, un’estrema consapevolezza intellettuale e una cosciente dote analitica della propria esperienza artistica.
Il pensiero espresso da Robert Adams in Alla ricerca di un silenzio, laddove commenta i paesaggi di Timothy O’Sullivan (pensiero che potrebbe riflettere anche quello di fotografi quali Meyerowitz, Ghirri, Shore, Basilico, Baltz, Gossage o Guidi), e cioè quello di un “rapporto tra il tempo e il camminare attraverso gli spazi aperti” per giungere ad un’operazione fotografica che si identifica come una sorta di rituale di pazienza, ben si applica anche a Gilli, il quale sembra avere verso lo spazio una condotta di attesa, di studio profondo del territorio ripreso e fermato, di valutazione attenta della sua luce, di superbo controllo dei mezzi tecnici.
L’esperienza creatrice di Gilli è totalizzante, nel senso che la sua immagine travalica l’aspetto meramente linguistico per sconfinare nella sfera esistenziale; la sua esperienza si presenta, all’atto finale, anche pura nel senso che la fusione contemplativa con lo spazio è raggiunta senza lasciare intravedere alcuna traccia della tensione ad interiorizzare l’esterno e ad esteriorizzare l’interno.
Il portato di Guido Guidi (vedere e conoscere un posto è un atto contemplativo), o il senso di annullamento di separazione tra spazio e fotografo nelle opere degli spazi deserti di Shore, o ancora il processo di sinesi massima di Basilico, sono completamente assimilati da Gilli, per cui la fotografia è analisi, e quindi conoscenza di sé, attraverso la conoscenza della realtà.
Una realtà, che per essere colma di differenze ed estremamente dialettica, induce a riponderare incessantemente le categorie attraverso le quali viene conosciuta e a modificare il modo di agire in essa.
Il bianco e nero è, così, funzionale a questa conoscenza, per la sua capacità di astrarre, di allontanare dal fenomeno, da ciò che appare, e di creare una verità che altro non è, infine, che la foto medesima.
Qui sta l’originalità: l’aver dislocato il pensiero, che, in un atto di Einfühlung, ha reso possibile la fruizione estetica dell’esperienza, in uno spazio atopos, in cui il probabile può diventare realtà, in un vuoto che fa diventare concepibile quell’Ungeheure in cui è meglio far entrare solo le farfalle, onde non rischi di diventare il nostro nefas.
Curatore scientifico della mostra (e del relativo catalogo) "Luca Gilli: fotografie 2001-2005", l'Istituto Italiano di Cultura, Il Cairo