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TESTI CRITICI

Radicondoli, Luca Gilli. Una lunga confidenza

Una geografia del sacro

Massimo Luconi

Regista, direttore artistico del Radicondoli Festival

Il lavoro di Luca Gilli è un percorso dentro l’interiorità di un ipotetico viaggiatore che scopre Radicondoli e il suo territorio in una mappa segreta di immagini e sensazioni che fanno parte del paesaggio, ma sono anche le emozioni, i colori e gli odori di un luogo: erbe, pietre e simboli di una terra che si apre dopo ogni curva, come un approdo a lungo pensato. Il suo viaggio è un paesaggio interiore che smuove ricordi, visioni, affonda nelle radici ancestrali della storia di un territorio, e ci stupisce e ci sorprende. È un’indagine capillare e minuziosa che usa un alfabeto, strutturato come una rete di percorsi fra luoghi e narrazioni, come un racconto a tappe, che ci porta a intessere delle trame e nello stesso tempo ad aprire degli scrigni preziosi e fortemente spettacolari.

Del resto Gilli è un fotografo che non fa delle semplici foto, è un antropologo o un entomologo dell’immagine, e di queste due attitudini ha i tempi lunghi di approccio al lavoro e il grande senso di ascolto di fronte al soggetto.

I suoi sguardi sono come delle venature del nostro sistema neurologico, ci portano oltre, ci fanno vedere quello che non è visibile, là dove il nostro sguardo affrettato non scopre quello che sta dietro… Le sue immagini appartengono alla nostra sfera più intima, al nostro vissuto, al nostro subconscio.

Un grande maestro del teatro contemporaneo come Peter Brook affermava che il vero teatro, quello profondo e intenso che colpisce la nostra sfera emozionale, è sempre sacro, cioè ha una forma di ritualità che appartiene alla sfera profonda del sacro e rende possibile vedere l’invisibile che è dietro al visibile.

Io lo chiamo Teatro sacro, ma potrebbe essere definito il teatro dell’Invisibile reso visibile... Il palcoscenico come luogo in cui può apparirci l’invisibile…” (Peter Brook, Il teatro e il suo spazio, Feltrinelli, 1978).

Nell’opera di Gilli questo aspetto della sacralità è molto presente, oltre l’estetica e la tecnica raffinata e un po’ misteriosa, ci sono il silenzio e tutta l’atmosfera dei luoghi sacri e di quegli accadimenti che, a volte, per motivi alchemici sono permeati di mistero.

La sua è una geografia dell’anima che ci guida dentro quel piccolo continente che è il territorio di Radicondoli, ed è necessario un ossimoro per poter in qualche modo spiegare la particolarità e la diversità dei tanti paesaggi che compongono il microcosmo di Radicondoli.

Di fronte alla vastità del paesaggio che circonda a 360 gradi il borgo, Gilli sembra essere interessato più all’assenza e ai vuoti, che ai grandi avvenimenti visivi, sottolinea dettagli apparentemente minimali e spazi e cose al di là della loro consuetudine, della loro funzione e della materia.

L’autore ci dimostra come la luce riesca a cambiare la percezione della realtà e il rapporto che abbiamo con essa, in una dimensione dove si aprono spazi metafisici e mentali, dove poter riflettere su un territorio ma anche sulle ragioni del nostro vedere.

I dettagli dell’immagine diventano così quasi più importanti del contesto, i totali si dissolvono e diventano nudi in un campo spaziale indefinito, in un palcoscenico interiore in cui tutto sembra sul momento di decomporsi in una specie di viaggio iniziatico materico e onirico nello stesso tempo.

Su tutto ciò su cui concentra la sua attenzione, Gilli ci regala nuove e inattese sorgenti di conoscenza e, con prospettive diverse, ci offre stimolanti chiavi di lettura sul rapporto con un luogo e sul nostro percorso di vita.

Radicondoli negli ultimi anni sta acquisendo una nuova dimensione di centro culturale, consapevole e creativo, dove la marginalità non è più considerata una zavorra obsoleta che pesa sullo sviluppo futuro, ma al contrario nella dimensione decentrata e raccolta si possono creare le condizioni per produzioni culturali d’eccellenza.

Il lavoro di Luca Gilli acquista quindi particolare significato, diventando un importante tassello nella possibilità di definire un pensiero e un percorso di sviluppo non consueto e originale, aperto allo scambio fra artisti e comunità.

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